Non è semplice descrivere brevemente NON CHIAMATEMI MORBO! Mister Parkinson si racconta: ispirazione pura, un mezzo con cui entrare nel mondo del Parkinson in maniera inusuale, mai banale o noiosa, che non sfocia in tecnicismi o nozioni scientifiche. Questo e tanto altro è il libro frutto della collaborazione tra Sabrina Penteriani e Marco Guido Salvi.
La cooperazione tra una giornalista e un parkinsoniano ha portato ad una scelta stilistica e contenutistica inedita per il panorama del Parkinson italiano; molti hanno parlato di questa malattia, dall’eziologia ai sintomi, mentre questo libro esula totalmente da ciò, mostrando squarci di vita con e oltre la malattia.
Già dal titolo, infatti, emerge un’ottica nuova, oserei dire positiva, che mostra uomini e donne per ciò che sono, non assimilandoli alla patologia di cui soffrono.
Ciò avviene attraverso la scelta di intervistare e riportare direttamente le parole di parkinsoniani e di alcuni familiari, che danno la possibilità a noi lettori di entrare nelle loro vite, in particolare nel giorno in cui hanno ricevuto la diagnosi di “morbo” di Parkinson.
Partendo proprio da un dialogo inventato con mr. P iniziano le storie di Alessandro, Alma, Andrea, Fabiola, Gianmario, Giulio, Giuseppe, Giovanna C., Giovanna G., Lorenzo, Paolo, Riccardo, Rosalba, Stefano e dello stesso Marco Guido Salvi. Proprio la personificazione di mr. P., che utilizza frasi come “ogni giorno gli sussurro all’orecchio che non può liberarsi di me”, riesce a far comprendere anche a un lettore non parkinsoniano cosa debba provare ogni giorno chi è affetto da questa malattia.
Tuttavia, la risposta a mr. P. viene dagli stessi protagonisti, che hanno trovato la forza di non abbattersi, di lottare affinché la loro vita rimanga quella di sempre.
Non si sono arresi, sono riusciti a trovare nuove passioni, o ad adeguare quelle vecchie alle problematiche che mr. P. porta con sé. Teatro, poesia, arte e sport sono così diventate una sorta di terapia personale.
Le difficoltà del Parkinson, infatti, non si fermano solo sui sintomi “visibili”, sono molto più subdoli, poiché portano all’isolamento e all’allontanamento delle persone care, sfociando spesso in depressione e apatia.
Per questo motivo, le ultime due interviste riguardano Giulia e Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, entrambi caregiver, ovvero persone che si “prendono cura”, coloro che assistono il paziente aiutandolo in tutte le attività
quotidiane.
Una lettura che è un invito a continuare a vivere al massimo che ci è consentito, a reinventarci continuamente e che può far comprendere a chiunque, anche e soprattutto a coloro che non hanno familiarità con mr. P., che il Parkinson non è un morbo.