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Il gruppo Parkinson di Valle Camonica e Sebino propone un altro capitolo tratto dal Libro Best Seller “Shaken but not stirred”. Scritto da Dirma van Toorna e altre persone con Parkinson ed edito in lingua inglese da Alexander Reed, il libro si propone come una raccolta di brevi aneddoti ironici sulla vita con il Parkinson.

 

CONTATTO!

Avevo portato a casa il mio primo paio di lenti a contatto. Sarebbe così finita l’era degli occhiali e soprattutto della ricerca degli occhiali perduti.

Ho aperto il contenitore con grandi aspettative e… eccole! Scintillanti in piena luce.

Mi trovavo in salotto e il signor P. sembrava calmo e rilassato, per niente incuriosito dalla novità. Mi sono messa davanti allo specchio e, seguendo le istruzioni, con l’indice della mano destra ho inserito delicatamente la lente a contatto nell’occhio sinistro, mentre con l’altra mano tenevo sollevata la palpebra.

L’inevitabile a questo punto è inevitabilmente accaduto: avevo scordato che il signor P. fosse destro e, grazie a un leggero tremore della mano destra, la lente è improvvisamente caduta! Il signor P. era sembrato del tutto disinteressato e invece era semplicemente in agguato per colpire a tradimento.

La lente era atterrata nel tappeto a pelo alto, così da non rendermi possibile intravederla da nessuna parte.

Allora mi sono messa carponi – ovviamente con il signor P. sulla schiena – e, con le mani tremanti e in preda all’ansia, ho iniziato a cercare con attenzione nel diabolico tappeto. Nessun risultato!

“Oh cavoli, signor P. cos’hai combinato? Dove può essere finita la lente?”

Peggio ancora, non ricordavo dove avessi lasciato i miei occhiali (certamente in un posto sicuro, ma illogico) e vedevo tutto molto appannato. Per la mente mi

è passata una lunga serie di parolacce, mentre il signor P. mi spernacchiava.

“E ora?”

Per prima cosa ho spostato con attenzione le sedie, quindi il pesante vecchio tavolo in legno di noce. Mi è anche venuta l’idea geniale di arrotolare il tappeto e di alzarlo in modo che potessi vedere la lente cadere per terra;

peccato che il tappeto si sia rivelato troppo pesante da sollevare, senza contare che, senza occhiali, non avrei comunque potuto vedere nulla.

Proprio allora è suonato il campanello facendomi sobbalzare dallo spavento e mettendo il signor P. in silenziosa attesa. Mi sono quindi avviata verso la porta, ma, nella mia temporanea cecità, sono finita contro il muro ed ho fatto cadere un quadro. Non contenta, ho pure sbagliato porta, dando il benvenuto all’aspirapolvere nel ripostiglio del sottoscala.

Riflettendo ho pensato che la porta giusta dovesse essere quella successiva sulla destra, anzi ne ero proprio certa: ho aperto, ma tutto quello che sono riuscita a vedere è stata un’immagine sfuocata e muta.

Preoccupata, ho iniziato a pensare di aver commesso l’errore gravissimo di aprire senza prima chiedere chi fosse. Per fortuna una voce è finalmente uscita dalla nebbia: “Buongiorno signora T., come sta stamattina? Posso disturbarla per chiederle un po’ di zucchero?”. Era il mio vicino.

Gli ho risposto educatamente: “Certamente, entri pure” e, nello stesso istante, mi sono ricordata che dietro di me c’erano il tappeto arrotolato, le sedie a gambe all’aria e un quadro sul pavimento. Quello che fino a poco prima era stato il mio bel salotto in quel momento sembrava il risultato di un bombardamento.

“Stavo giusto facendo un po’ di pulizie di primavera” e, con un bel sorriso al mio vicino, mi sono sentita subito meglio.

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Redazione
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