Ci sono un informatico, un traduttore, un fotografo e un appassionato di musica. Un giorno incontrano un neurologo.
Può sembrare l’inizio di una barzelletta, ma invece è l’inizio di una storia felice, una storia di umanità, di riscossa, di resilienza, di collaborazione e di consapevolezza. Qui vi raccontiamo come Luca, Andrea, Vik e Pino hanno scoperto, insieme a Nicola, a Francesca e altri medici illuminati che lavorare insieme è la migliore terapia. Per tutti.
Esterno giorno – Una terrazza affacciata sul Colosseo, poco prima del tramonto
Andrea e Vik sono impegnati a preparare la “diretta” sul luogo, Luca e Pino sono collegati tramite Internet per contribuire alla riuscita dell’evento. Il luogo è la terrazza panoramica di fronte al tempio di Venere e Roma, il più grande della Roma antica, un edificio che occupava lo spazio tra la basilica di Massenzio e il Colosseo. Da questa terrazza si gode una vista straordinaria proprio dell’Anfiteatro Flavio, un panorama da cartolina che tante volte abbiamo ammirato in televisione.
Che stanno facendo qui i nostri supereroi? Stanno per mandare in onda su Internet una lezione di danza, tenuta da Carlotta e con la regia di Cinzia, che sarà preceduta da una visita guidata virtuale dedicata a questo luogo unico al mondo. Tutto questo grazie al progetto ParkinParco che il Parco Archeologico del Colosseo ha organizzato, insieme all’associazione ParkinZone Onlus, per offrire spazi di arte, storia e bellezza in cui le persone con il Parkinson possano incontrarsi e fare attività terapeutiche complementari (danza, per l’appunto, yoga, teatro).
Dopo l’arrivo della pandemia di Covid-19, non potendo organizzare attività di gruppo sul posto a causa del distanziamento sociale, il personale del Parco Archeologico, Andrea, Elena e Francesca si sono impegnati per garantire la realizzazione di eventi artistici come quello di oggi.
Una troupe di quattro persone con il Parkinson, da parte sua, è riuscita a organizzare nei minimi dettagli la trasmissione in diretta dell’evento, portando magicamente decine di altre persone come loro a condividere l’emozione di trovarsi a pochi passi dal Colosseo. E soprattutto a muoversi in questo spazio magico dai salotti di casa loro, in tutta Italia. Perché muoversi è fondamentale per chi soffre di questa malattia. Chi non si muove è perduto.
9 marzo 2020 – Chiusi in casa ma attivi
Ma come si è arrivati a questa giornata di arte e movimento? Tutto ha avuto inizio il giorno dell’inizio della quarantena imposta ai cittadini italiani dal governo nazionale per tentare di arginare la terribile epidemia da coronavirus che stava mietendo un numero enorme di vittime, in particolare nel nord Italia.
Nicola e Andrea si sentono. Andrea sa usare la piattaforma di conferenza web Zoom, la usa per lavoro e la mette a disposizione dell’associazione. Nicola sa che le persone con il Parkinson non possono fermarsi. La scelta di portare online le attività sportive e artistiche dell’associazione è inevitabile e immediata.
Si decide di iniziare con le classi di danza di Carlotta, tre mattine a settimana. Si mette su in poche ore un team di persone con il Parkinson che gestirà le classi dal punto di vista tecnico e organizzativo. In pochi giorni, il team apre nuove classi di Feldenkrais, Pilates, ginnastica, teatro.
E poi Nicola chiama il team e decide che deve mettersi a disposizione per rispondere ai quesiti delle persone con il Parkinson, dei loro caregiver e degli operatori sanitari e artistici di ParkinZone. Nasce così il Question Time, in cui Nicola risponde quotidianamente ai dubbi, alle paure e alle curiosità di una comunità online che si arricchisce ogni giorno di nuove persone, tra cui molti altri neurologi che si affiancano a Nicola nell’ottica di offrire un servizio pubblico in questi tempi difficili. Il ricco “palinsesto” dei webcast prende il nome di Ospedale Virtuale e le attività vanno avanti per i due mesi del lockdown per poi proseguire anche dopo la fine del periodo più difficile della pandemia. Già, perché tutti, i neurologi, gli operatori sanitari, le persone con il Parkinson, i caregiver, hanno scoperto che non vogliono stare fermi. L’Ospedale Virtuale è il regalo che i giorni della pandemia gli hanno fatto e ora non si torna indietro. Si continua a camminare, insieme.
Esterno giorno – La stessa terrazza affacciata sul Colosseo, al tramonto
Elena racconta la storia dei luoghi, parla dell’enorme statua del Colosso, della Domus Aurea, del Colosseo. Affascina gli ascoltatori, come sa fare lei. Andrea la intervista, mentre Vik fa le riprese. Cinzia cura la regia in modo impeccabile, Carlotta danza e trascina le decine di persone collegate online con una delle sue storie immaginifiche. Oggi si trasforma in un Colosseo e con lei i partecipanti sono insieme a ballare in questo posto ricco di storia, in meravigliosi momenti senza storia, semplicemente legati dalla bellezza del movimento. Il motivo stesso per cui sono qui, il movimento, reso così difficile dalla loro condizione e poi improvvisamente riconquistato da danzatori. Al Colosseo, immersi nella luce incantevole di un tramonto estivo romano. Un piccolo miracolo umano reso possibile dalla tecnologia, ma anche e prima di tutto dal lavoro di squadra.
Un capo-lavoro collettivo
Quando si lavora insieme, quando si collabora, il lavoro (che nella sua etimologia latina significa fatica, sofferenza) è felicità e leggerezza, come ci ricorda il grande poeta greco.
Per la squadra di persone con il Parkinson che ha realizzato l’evento del Colosseo, lavorare è un’attività ancora più pesante, quasi impossibile. Eppure, con mezzi tecnologici limitati, hanno lavorato insieme per portare il movimento e la bellezza nelle case di altre persone con il Parkinson che quel pomeriggio si sono sentite meno sole.
E la più grande bellezza di questa impresa umana è che Andrea, Luca, Nik e Pino hanno lavorato insieme. Lo hanno fatto grazie a Nicola e ai neurologi che insieme a lui credono nell’empowerment, nella collaborazione e nella partecipazione.
Lavorare è possibile, anche per le persone con il Parkinson. La solidarietà rende possibile ogni cosa: insieme possiamo cambiare il mondo, la percezione di questa malattia, perché abbiamo scoperto che possiamo cambiare noi stessi, la nostra percezione di noi.