Se pensiamo a tutto lo stress e a tutte le abitudini sbagliate che abbiamo avuto – e abbiamo – nel corso della nostra vita, possiamo constatare che il nostro apparato gastrointestinale è piuttosto robusto.
Tuttavia, uno stile di vita poco sano col tempo porta ad una modifica del microbiota intestinale, con la proliferazione di molti batteri che possono avere un impatto negativo sul nostro corpo.
Recentemente, la ricerca sul Parkinson si è incentrata sull’intestino e sui microbi che vivono al suo interno, supponendo una connessione tra la salute dell’apparato gastrointestinale e l’insorgenza della malattia di Parkinson.
Nel 2003 Heiko Braak, un neuroanatomista tedesco, dopo aver esaminato centinaia di cervelli post-mortem di persone con Parkinson, ha esposto la sua teoria sugli stadi del Parkinson. I risultati della ricerca hanno portato a indicare che il Parkinson possa effettivamente iniziare nell’intestino e poi diffondersi al sistema nervoso centrale. Il professor Braak si è basato sull’osservazione che molti cervelli che mostravano le primissime fasi del Parkinson avevano patologie legate alla malattia in una popolazione di neuroni chiamata nucleo motore dorsale del nervo vago. Quest’ultimo è il reale collegamento diretto tra il cervello e l’intestino.
La teoria di Braak, secondo cui la proteina alfa-sinucleina si raccoglierebbe su se stessa arrivando a perdere la sua funzione, è stata rivoluzionaria. L’accumulo di questa specifica proteina e il suo successivo trasferimento fino al livello centrale della substantia nigra nel mesencefalo determinerebbe la morte dei neuroni che producono la dopamina.
Sempre più ricercatori sono convinti che ci siano dei sintomi non motori che segnalano con dieci anni di anticipo l’insorgenza della malattia di Parkinson. Non è facile distinguerli, ma se si riuscisse a cogliere in tempo i disturbi del sonno e dell’olfatto si potrebbero trovare delle terapie capaci di arrestare la progressione della malattia dall’intestino al cervello.